domenica 24 giugno 2012

Un mondo di taggati

Un uomo naufraga su un’isola deserta con Claudia Schiffer, come da copione dopo un po’ di giorni riesce a far fruttare la situazione favorevole e lei si lascia sedurre. L'uomo è felice della fortuna che gli è capitata, ma incredibilmente gli manca qualcosa… e chiede alla modella di far finta di essere il suo amico Mario per un po’. Inizialmente lei non ne vuol sapere di recitare in questa farsa, ma vista l’insistenza dell’uomo lo asseconda e si mette a parlare come Mario: - Ehi Carlo come te la passi? Sono il tuo amico Mario! - Bene Mario, benone, sono qui su un’isola deserta e sapessi… mi sono fatto la Schiffer!

Come il protagonista di questa barzelletta, che era soddisfatto solo in parte di essersi fatto la Shiffer  se non poteva dirlo a nessuno, così per la  maggior parte delle persone non è tanto appagante il fare, quanto il raccontare di aver fatto.
Anzi, visto che oggi non siam più capaci di raccontare e la maggior parte del nostro tempo anziché a fare lo passiamo a far finta di fare (sul computer) o a vedere gli altri fare (in TV), per essere precisi ci sarebbe da dire che quello che era il raccontare di Carlo a Mario, oggi è soprattutto una foto o un video di qualcosa che abbiamo visto.
Con i cellulari che fanno foto e vanno su internet, poi, ogni istante della vita per essere vissuto in pieno deve essere ripreso e possibilmente messo su Facebook al volo. Ai concerti per esempio… quant’è odioso doversi fare spazio per vedere qualcosa tra mille telefonini al cielo?!


Siamo proprio sicuri che la tecnologia ci abbia migliorato la vita?

mercoledì 6 giugno 2012

Toremar


Il mio amore per le navi, è nato quando ero piccolo ed andavo al mare all’Elba con i miei. Le fotografavo in tutte le posizioni, le guardavo col binocolo, ne collezionavo i cataloghi e ne sapevo a memoria ogni caratteristica tecnica. Ricordo che quando è affondata la Moby Prince il mio babbo è venuto a svegliarmi prima del solito per dirmi che un traghetto era affondato durante la notte. Ancora oggi quando salgo su una nave passo ore sul ponte a guardarla solcare le acque.
Forse segno precoce del mio attaccamento al “pubblico”, la mia compagnia preferita è sempre stata la Toremar: la Planasia (la nave che porta a Rio Marina, quella in assoluto sulla quale sono salito di più) campeggia da anni in una foto nella mia vecchia camera dai miei, la Liburna (protagonista dei miei agrodolci viaggi a Capraia) come modellino col nome scritto a pennarello ed un po’ cancellato da un dito, è uno dei pochi soprammobili della mia nuova camera.
Negli ultimi anni però la mia Toremar sta scomparendo: Neanche l’esempio della regione Sardegna, che nel 2011 ha dovuto metter su in fretta e furia una flotta Saremar verso il continente per arginare i prezzi del cartello dei privati, ha fermato la moda delle privatizzazioni; e così  dopo la crisi di Tirrenia, Toremar è finita alla regione Toscana, che anziché gestirla nell’interesse pubblico l’ha venduta a Moby, creando di fatto un bel monopolio privato nei trasporti verso le isole toscane. Il colpo di grazia alla mia memoria però è il nuovo orribile logo, con quel colore finto ed accecante, che una nave alla volta sta prendendo il posto del caro e vecchio blu Toremar. Se la nostalgia ha una casa, questa è su un’isola, e per andarci si sale su una delle mie navi.